Sabato sulla rete è stato promosso l’invito partito da Don Ciotti – ripeto da Don Ciotti, non dal PD o genericamente dalla sinistra – ad indossare una maglietta rossa per “fermare l’emorragia di umanità”. “Una t-shirt rossa, come quella del piccolo migrante Aylan morto sulle coste della Turchia. Indossavano il rosso anche i bambini riportati cadavere e fotografati sulle spiagge della Libia, e di rosso le mamme vestono i loro piccoli prima della partenza sperando che, in caso di naufragio, quel colore richiami l’attenzione dei soccorritori”. L’hashtag #magliettarossa è stato primo nella classifica di Twitter. Indipendentemente da cosa si pensa sulla chiusura dei porti, credo che nessuno possa rimanere insensibile di fronte al dramma dei bambini, soprattutto quando si continua citare il fatto di essere “papà”. Totalmente fuori luogo quindi il post del ministro Salvini che su Facebook ha pensato di ironizzare dicendo “Che peccato, in casa non ho trovato neanche una maglietta rossa da esibire oggi…”. Ma anche Dame Giorgia Meloni non ha voluto essere da meno e con la consueta eleganza e sensibilità che la contraddistingue ha detto “La maglia rossa ce l’ho, adesso mi mancano solo un rolex e un attico a New York e allora anche io potrò finalmente pontificare sull’immigrazione come fanno i radical chic”. Proprio un esempio di mente illuminata: complimenti. E i commenti sul web di chi non ha assolutamente capito il significato di questo gesto sono come sempre da far rabbrividire. Un bel tacer non fu mai scritto. In ogni caso non mi pento di aver aderito. Servirà a poco, anzi a nulla. Ma non credo che versare l’acqua del Po in laguna serva di più, vero? Eppure non mi sono mai sognato di scrivere frasi offensive sull’argomento. E non lo farò.