Un amico ha scritto di aver sentito la frase del titolo al bar. Era riferita al ragazzo che lunedì scorso ha deciso di farla finita buttandosi sotto il treno alla Stazione di Tortona, la mia città. Forse per questo l’episodio mi colpisce più ancora di altri. “Uno di meno, ce ne sono tanti”: sì perché si trattava di un ragazzo nigeriano di 25 anni, un “migrante”, per molti solo un numero, un negro, una seccatura, una “rottura di coglioni”. Non “un ragazzo”, una persona con affetti, sofferenze, aspirazioni.
Come siamo arrivati a questa totale mancanza di sensibilità? Perché dobbiamo addebitare la colpa dei nostri fallimenti a persone ancora più sfortunate di noi?
Sulla vicenda di questo ragazzo è uscita ieri un’agenzia ANSA.
Un 25enne nigeriano, Prince Jerry, si è suicidato lunedì 28 gennaio a Tortona gettandosi sotto un treno dopo essersi visto negare il permesso di soggiorno per motivi umanitari. La notizia l’ha data monsignor Giacomo Martino, responsabile della Migrantes di Genova, in un messaggio alla chat dei propri parrocchiani, poi circolato ieri sera sui social e ripreso oggi da alcuni quotidiani. I funerali si terranno domani (oggi per chi legge questo post) alle 11.30 nella chiesa dell’Annunziata a Genova.
“Cari tutti, ieri sono stato tutto il giorno a Tortona – è il messaggio inviato da monsignor Giacomo Martino alla chat dei parrocchiani -. Uno dei nostri ragazzi di Multedo, Prince Jerry, cui era stato opposto un diniego prima di Natale e scoprendo che non avrebbe potuto contare neppure sul permesso umanitario che è stato annullato dal recente Decreto, si è tolto la vita buttandosi sotto un treno. Ho dovuto provare a fare il riconoscimento di quanto era rimasto di lui. È stato un momento difficile ma importante perché ho ritenuto di doverlo accompagnare in questa sua ultima desolazione. Vi scrivo perché abbiamo deciso di portarcelo su a Coronata e seppellirlo nel cimitero lassù. Venerdì mattina alle 11:30, all’Annunziata, celebrerò il suo funerale. Quanti vorranno e potranno essere presenti sarete il segno dell’ ultimo abbraccio terreno a questa vita così desolata. Una preghiera per lui e la sua famiglia”.
Monsignor Giacomo Martino, responsabile della Migrantes di Genova, ha spiegato che il messaggio con l’annuncio della scomparsa di Prince Jerry era privato e pensato per restare tale, non volendo in alcun modo strumentalizzare la morte del giovane. “E’ impropriamente girato un mio post privato scritto ai membri più stretti della mia Comunità parrocchiale – ha scritto su Facebook -. Erano parole di dolore e di sofferenza personale confidate a degli amici. Avevo scelto di non parlare di Prince Jerry per rispettare il dolore della sua morte e desolazione. Vi sono indagini giudiziarie che stanno stabilendo esattamente i fatti ed eventuali responsabilità. Non desidero in nessun modo che questo ragazzo e la sua triste storia vengano strumentalizzate per discorsi diversi da quelli di compassione per una vita stroncata e di un lungo sogno interrotto”. Prince Jerry era nato nei pressi di Benin City ed era arrivato il 16 giugno 2016 sulle coste siciliane. Già dal quel mese era arrivato a Genova. Chi l’ha conosciuto riferisce che parlava benissimo italiano, faceva volontariato con i ragazzi delle Scuole della Pace e per iniziative come lo Staccapanni della Caritas. “Un ragazzo speciale e straordinario, molto sensibile e anche colto. Era laureato e amava conoscere e apprendere”, ha ricordato don Giacomo. “Aveva fatto richiesta di asilo politico, ma non era stata accolta e lo aveva saputo alla metà di dicembre, il 17 per la precisione. E non rientrava in quello status, non più previsto dalle norme, che prima garantivano il permesso umanitario”.
Beh, io, da papà, ma anche da cittadino, provo una grande tristezza. Ma anche tanta rabbia. Una vita quanti voti varrà? E riesce ancora a dormire chi ha voluto questa situazione?