Da Il Post apprendiamo questa bella verità, che però non limita il danno alla Regione Veneto, ma a tutta Italia, quindi anche a noi perché tutti noi potremmo essere stati a contatto con una persona risultata poi contagiata che si è rivolta al Servizio Sanitario Nazionale ( e sottolineo nazionale) in Veneto e che quindi non ha dato possibilità ad Immuni di avvisarci. Grazie Zaia, quindi.
Mercoledì il Corriere del Veneto ha segnalato che finora in Veneto l’applicazione Immuni – sviluppata dal governo per aiutare il tracciamento dei contatti durante l’epidemia da coronavirus – non è stata del tutto operativa. Il problema è che gli operatori delle ASL – che in Veneto si chiamano AULSS – non sono preparati e attrezzati a caricare sull’apposita piattaforma i codici degli utenti dell’app che risultano positivi al tampone, procedura che fa scattare automaticamente le segnalazioni (anonime) per gli altri utenti di Immuni che sono stati a contatto con il positivo nei giorni precedenti, e che a quel punto – se vogliono – possono contattare la propria ASL per essere sottoposti al test.
Il problema del Veneto è a livello regionale: spiegando la situazione in un comunicato, infatti, la Regione dice in sostanza di non essere d’accordo con la definizione di “contatto stretto” di Immuni, che però è stata stabilita dal ministero della Salute. La Regione sostiene in pratica che quello che l’app intende come contatto – una persona rimasta a meno di due metri per almeno 15 minuti – sia troppo stringente, un protocollo diverso da quello applicato dalle ASL nelle loro normali indagini epidemiologiche.
In sostanza il Veneto dice: ciò che Immuni registra come un contatto potrebbe essere avvenuto con le mascherine, con un’eventuale barriera protettiva o all’aperto, e quindi non sarebbe considerato tale in base ai protocolli delle ASL regionali. Quindi finora in Veneto chi, risultato positivo, abbia provato a segnalare all’ASL il proprio codice Immuni, non ha potuto farlo.
Il Veneto ha detto comunque che «entro pochi giorni» il servizio verrà attivato. E dice che già a giugno, cioè da quando è attiva Immuni, aveva segnalato questo problema al ministero della Salute, chiedendo che fosse concordato un protocollo diverso. Il Veneto peraltro sostiene che ci siano «molte regioni» che sono «pronte per l’attivazione» ma che «stanno attendendo la definizione del citato protocollo». Insinuando perciò il dubbio che anche in altre regioni italiane le ASL non stiano caricando i codici.
Il Post non è riuscito a verificare questa condizione. Alla richiesta di maggiori dettagli, un portavoce della Regione Veneto ha parlato di «Toscana e Lombardia». Ma sulla base dei dati raccolti tra giugno e settembre da Immuni in entrambe le regioni risultano segnalazioni: in Toscana 21, in Lombardia addirittura 112, oltre un terzo del totale nazionale. Il ministero della Salute ha fatto sapere che non risultano altre regioni con lo stesso problema del Veneto, ma non ha fornito informazioni più precise e puntuali sulle segnalazioni arrivate dalle varie regioni e su eventuali problemi. Ha confermato però che sono in corso riunioni con le Regioni.
Dai dati forniti da Immuni, si vede in effetti che tra giugno e settembre in Veneto è stato registrato un solo caso di positività dagli utenti dell’app: un dato strano, visto che a scaricarla nella regione a fine settembre erano state oltre mezzo milione di persone, e che i contagi sono stati tra i più alti d’Italia. I download sono più o meno gli stessi di Toscana ed Emilia-Romagna, dove le segnalazioni sono state rispettivamente 21 e 23.
Contattando telefonicamente quattro diverse AULSS venete per chiedere informazioni sulla procedura da seguire per segnalare la propria positività attraverso Immuni, la risposta generale ricevuta dal Post è stata confusa e di generale impreparazione. Un Dipartimento di Prevenzione ha detto esplicitamente che la segnalazione non va fatta, per via dell’interpretazione della definizione di contatto spiegata nel comunicato regionale. Un’altra AULSS ha detto di aver letto sul giornale che in Veneto l’app non è operativa.
I problemi con l’applicazione dei protocolli di Immuni da parte delle autorità sanitarie locali comunque non sembrano limitati al Veneto. A guardare i numeri, Immuni in estate è stata poco utilizzata, le segnalazioni sono state poche, sebbene a giugno il ministero della Salute avesse fornito istruzioni su come gestire le segnalazioni e i codici.
Diversi governi regionali sembrano non avere dato molta importanza alla promozione dell’app e alla formazione degli operatori delle ASL. Ci sono stati diversi casi di governatori regionali – tutti di centrodestra – che hanno espresso diffidenza verso Immuni: Luca Zaia del Veneto aveva detto di non averla scaricata, così come Nello Musumeci della Sicilia e Francesco Acquaroli delle Marche, che peraltro ha detto che se non ce l’hanno tutti non serve. In Piemonte la task force che consiglia Alberto Cirio aveva ritenuto di non incentivarne l’utilizzo. Il Fatto Quotidiano riporta oggi una dichiarazione del direttore dell’ATS di Milano Vincenzo Di Micheli secondo cui Immuni sarebbe «più una rottura di scatole che una risorsa», spiegando che «l’app richiede una serie di passaggi farraginosi che sono una perdita di tempo».
Con l’aumento dei contagi a cui si assiste ormai da settimane, le operazioni di indagine epidemiologica a carico dei Dipartimenti di Prevenzione e di Igiene delle ASL italiane stanno diventando sempre più difficili. Per ogni persona positiva si stimano almeno una decina di contatti stretti da rintracciare, contattare e seguire dal punto di vista di isolamento e tampone. Sopra un certo numero di contagi, le ASL non riescono più a gestire il contact tracing, quindi molti contatti di positivi sfuggono al monitoraggio, e i focolai non vengono fermati in tempo.
Immuni è stata sviluppata proprio per aiutare questo tipo di operazioni, e permette peraltro di raggiungere persone che sono state a contatto con positivi che in molti casi sfuggirebbero alle normali indagini epidemiologiche. Finora è stata scaricata da 8,7 milioni di persone, un milione delle quali soltanto nell’ultima settimana. La sua efficacia è strettamente legata al numero di utenti, e da mesi governo e virologi insistono sull’importanza che sia scaricata e attivata da più persone possibili.