Le serie che ho visto: Bridgerton

Se durante il periodo festivo avete visto cose molto impegnate e adesso volete solo distrarvi con qualcosa di leggero, una sorta di “soap opera” di lusso, questa “costume drama” (pare si dica così)  “Bridgerton” – prima stagione di otto epidìsodi su Netflix – fa sicuramente per voi. Si tratta del primo frutto della collaborazione fra la famosa produttrice americana Shonda Rhimes (Grey’s Anatomy, Scandal, Le Regole del Delitto Perfetto) e Netflix.

Ispirata ai romanzi di successo di Julia Quinn, Bridgerton è la storia degli otto affiatati fratelli della famiglia Bridgerton, che cercano l’amore e la felicità nell’alta società londinese. Tra il trash e l’hot trash, con tante scene di sesso, la serie può comunque risultare affascinante e godibile. Come già accaduto nel musical Hamilton, è un prodotto che colpisce subito per il “color-blind casting“, cioè per la scelta di optare per la diversity e per l’inclusione nella selezione degli interpreti, a dispetto di ogni criterio di accuratezza storica e verosimiglianza fisica con i personaggi. Il risultato, come dicevo, è in effetti molto interessante, anche se so che a molti non piace proprio. (C’è comunque un riferimento a una tesi esistente sulla discendenza africana della Regina Carlotta:  se interessati leggete l’articolo a questo link). Ma il pubblico pare premiare questa serie, subito la più vista della piattaforma streaming. Le signore sono affascinate dal protagonista, l’attore anglo-zimbabweano Regé-Jean Page. Nella versione originale la voce narrante è quella di Julie Andrews e questa caratteristica ovviamente si perde nella versione doppiata in italiano. Già approvata la seconda stagione ma bisognerà attendere un po’. Buona visione.

Da oggi, come avrete notato, questo appuntamento ha cambiato titolo. Non tutte le serie che vedo sono da consigliare, quindi mi sembra più corretto così.

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