Per il ciclo “Giallo Padano” del Corriere della Sera, Andrea Galli ricostruisce il delitto di Voghera dello scorso anno.
«Quel dannato giorno» è la definizione dell’uomo che tutto originò. Ovvero Massimo Adriatici. A settembre, due mesi dopo l’omicidio, l’avvocato ha ottenuto l’iscrizione all’albo dei Cassazionisti. Chissà quale corso seguirà, lungo i gradi di giudizio, il suo processo: sembrava dovesse iniziare a breve e invece pare bisognerà aspettare, forse ottobre. Ora, tecnicamente così non è, ma adattando gli iter giudiziari a un’evidenza concettuale, l’indagine sulla morte di Youns El Boussettaoui è di fatto ripartita da zero. Sempre da qui — la scena del crimine nella centrale piazza Meardi a Voghera — e sempre dall’esplorazione di che cosa davvero accadde. Certo, impugnando la sua Beretta, Adriatici sparò un unico proiettile; certo, quel calibro 22 long rifle devastò l’addome e il rene destro della vittima provocando una ferita letale; certo, la Procura di Pavia aveva un capo e adesso ne ha un altro, c’erano una linea guida, un metodo operativo e se vogliamo un orientamento (per forza) cambiati; ma ciò premesso, l’assai corposa perizia del Ris non ha cristallizzato, azzerando ogni ragionevole dubbio, la dinamica balistica. Motivo per cui sarà aggiunta un’integrazione. Non è l’unico esercizio in agenda: gli inquirenti aspirano a ottenere un definitivo «posizionamento» e lavorano su una raffigurazione tridimensionale per collocare l’uno, il 47enne Adriatici, e l’altro, il 39enne marocchino El Bousettaoui, alle 22.20 del 20 luglio 2021. Un giorno dannato. Come i successivi. In quanto si fa torto alla verità, beninteso non quella investigativa, non raccontare il delitto nella sua interezza.
Il leghista e l’immigrato
Mai un omicidio ha sintetizzato una significativa densità di elementi: l’assessore alla Sicurezza per di più leghista che uccide l’immigrato irregolare. O meglio, stringendo ancor più e a seconda dei punti di vista, anzi delle interpretazioni politiche: lo sceriffo pistolero e il vagabondo clandestino, l’autoproclamato sbirro del popolo e lo straniero abbandonato dallo Stato. Del resto, rimarranno a sconfortante memoria un po’ di retroscena. Per esempio l’uomo fidato dell’onorevole di centrodestra che chiamò uffici vari in Prefettura l’indomani mattina pretendendo i primi verbali dell’inchiesta; oppure il portaborse dell’onorevole di centrosinistra che allargò il giro di telefonate istituzionali pretendendo – pure lui – informazioni segrete, con peraltro le indagini all’inizio, giocoforza parziali e lacunose. Dopodiché vennero, per azione di presunti intermediari di presunti legali, le ricerche in quell’afosissima Voghera di presunti testimoni aggiuntivi i quali non videro ma avrebbero potuto vedere. Ci riportarono fonti qualificate, però senza prove, che addirittura girarono mirabolanti promesse in merito a rapidi aggiustamenti di permessi di soggiorno a patto che… Una pena che si aggiunse alla tragedia di Adriatici, il quale ha tolto la vita al prossimo rovinandosi la propria e agendo per legittima difesa. Ma sarà così?
Un uomo solo
L’esatta accusa è eccesso colposo di legittima difesa, come deciso dal gip che si tenne gli ultimi minuti a disposizione prima di decretare. Ma quest’accusa potrebbe anche trasformarsi in omicidio colposo, pur restando codificati i notori comportamenti del povero El Boussettaoui: non aveva né casa né lavoro, aveva avuto o magari ancora aveva problemi mentali e di droga; infastidiva i clienti dei bar, dove arraffava pizzette e panini, si spogliava e masturbava, urlava frasi senza senso e orinava; e anche quella sera, al «Bar ligure» di piazza Meardi, ubriaco aveva molestato e insultato, aveva issato una sedia, aveva lanciato una bottiglia di birra, aveva mal risposto allo stesso Adriatici che poi aveva colpito, come da referto medico, con un pugno in faccia, e forse stava per colpire una seconda volta. O una terza. O una quarta. Che insomma quell’uomo fosse un doloroso problema sociale a Voghera, era evidente; che nessuno, a cominciare dai suoi familiari, abbia voluto o potuto dargli una mano è una storia che parimenti va registrata.
La giunta degli scandali
Al contempo, la sciagurata giunta comunale di Voghera – sono in aggiunta da ascriverle le chat razziste e gli scandali legati a una società municipalizzata con ammanchi, caos nei bilanci, furberie, raccomandazioni, denunce di mobbing, concorsi truccati e via elencando… –, aveva mesi e mesi prima ricevuto dai vertici delle forze dell’ordine plurime segnalazioni sul «caso Adriatici». Cioè: guardate che esagera, che millanta, che si crede il comandante supremo, che dà ordini e organizza summit; cercate di porre un argine. Dunque si sapeva; si sapevano i dettagli. Non fosse che, in piena linea con l’andazzo italiano, l’assessore lì era restato. Massì, vabbè, ma tanto. In sostanza: chi se ne frega. Era restato al suo posto, armato, il colpo in canna. E di ronda. Casomai poliziotti e carabinieri nella cittadina dagli scarsi reati e dalla buona percezione di sicurezza, oggi come allora serena e serafica, ritmi lenti e il sacrosanto rispetto di una regola ferrea – gustarsi gli aperitivi –, fossero degli incapaci. A meno che, attenzione, non sia stata un’assoluta «disgrazia».
La dinamica
Come ripetuto da Adriatici, lui non voleva uccidere El Boussettaoui ma l’ha fatto a causa della caduta e del colpo partito contro la propria volontà. Laddove ci sia stata invece la consapevole scelta di sparare, l’atto potrebbe esser stata una reazione alla minaccia: El Boussettaoui aveva già aggredito e, minaccioso, incombeva su Adriatici intanto precipitato sull’asfalto e impaurito, nonché privo degli occhiali caduti e distanti. Ma la vittima non era armata, e allora risulterebbe una sproporzione a monte fra i duellanti. In ogni modo, avendo già chiamato la polizia con una telefonata in commissariato sfruttando anche il passato da ex agente e la rete di conoscenze, e non essendo braccato in una stanza chiusa a chiave dall’esterno, Adriatici poteva anche allontanarsi e attendere, per appunto, l’arrivo delle pattuglie: alle 22.15 la prima macchina dei carabinieri (la polizia non aveva personale libero) giunse in piazza Meardi.
In Procura
Nessuna telecamera ha ripreso i secondi decisivi dello sparo. Un’altra telecamera ha però mostrato in precedenza Adriatici camminare alle spalle di El Boussettaoui. Forse lo seguiva, o forse no: Voghera ha quattro strade in croce, i locali quelli sono, i cittadini s’incontrano spesso. Adriatici aveva saputo da un commerciante delle perenni persecuzioni, anche quella sera, di El Boussettaoui e ha deciso di andare a mandagli un segnale (o dargli una lezione): forse sì o forse no, Adriatici aveva l’abitudine, dopo aver cenato, di passeggiare per digerire. Aveva regolare porto d’armi, e teneva la pistola in tasca come uno ci tiene i fazzoletti, un gesto abituale, una pratica quotidiana, non una strategia predeterminata nella convinzione di dover usare l’arma: forse sì o forse no, ché era comunque una pistola carica, pronta all’uso. Si diceva a Voghera, in quei dannati giorni: era nell’aria che potesse finire in dramma. Per l’uno, per l’altro. Per entrambi. Aspettiamo il processo, aspettiamo la legge. In Procura stanno procedendo di cesello e centimetro, di esame e controesame e contro-controesame, sovente senza delegare ma tenendo a sé ogni attività e analisi delle risultanze. Col tacito obiettivo di spurgare il caso dall’eco mediatica e dalle strumentali mosse/influenze politiche. Basterà? Nutrire il dubbio, raccomanda chi investiga, aiuta a risolvere gli omicidi e in generale, prima di essi, a capire la realtà. Forse pure quella di Voghera e dei suoi giorni dannati. Forse.