Da “il Post”
Qualche consiglio su come parlare del più e del meno
Molti soffrono le situazioni in cui bisogna fare il cosiddetto “small talk”, ma possono aiutare a costruire relazioni più profonde
Per molte persone è snervante trovarsi nelle situazioni in cui bisogna cominciare una conversazione spicciola per salutare qualcuno che non si conosce tanto bene, avviare la giornata lavorativa oppure riempire un silenzio imbarazzante, quelle cioè in cui è necessario ciò che in inglese viene chiamato “small talk”, una piccola chiacchiera. Commentare il ritardo del treno mentre si incontra in stazione una persona che non si vede da un po’ o discutere del meteo quando si prende un ascensore con un collega possono sembrare interazioni futili, che non arricchiscono la nostra giornata e non aggiungono nulla al rapporto con una persona. Secondo vari linguisti, esperti di scienze sociali e ricercatori però chiacchierare del più e del meno può essere un’occasione per conoscere meglio qualcuno e imparare qualcosa: in certi casi ha anche dimostrato di avere effetti positivi sulle persone.
Lo small talk è quel tipo di conversazione leggera, superficiale e informale che solitamente parte da argomenti piuttosto banali, nella gran parte dei casi per educazione oppure quando è necessario farlo, per esempio se ci si trova a una festa dove non si conosce nessuno. A volte si tende a credere che quella di fare questo tipo di conversazione sia una capacità innata, che alcune persone hanno e altre no, con il risultato che spesso capita di affrontarle con molto stress o grande impaccio.
Alcuni consigli su come sfruttare queste occasioni arrivano sia da blog online che da esperti di relazioni sociali e persone che si trovano spesso in queste situazioni per via del loro lavoro. Possono essere utili per fare in modo che queste conversazioni non siano uno strazio, ma anche per capire come trasformarle in un’opportunità per creare o rafforzare il legame con il proprio interlocutore.
Come ha spiegato in un’intervista a Vox Lizzie Post, co-presidente dell’Emily Post Institute, un’organizzazione americana che dal 1946 si occupa di dare consigli e indicazioni sulle buone maniere, la buona educazione e l’etichetta possono servire per affrontare le situazioni in cui non si sa esattamente cosa fare: aiutano ad avere più sicurezza di sé ed evitare almeno in parte la pressione di dover essere «completamente originali» per riuscire a interessare la persona che si ha davanti.
Per questa ragione tra i consigli più diffusi per fare small talk ci sono per esempio quello di utilizzare un linguaggio del corpo che faccia sentire a suo agio la persona con cui si parla, quello di fare molta attenzione a ciò che dice, e quello di approfondire a poco a poco la conversazione.
In particolare, spesso viene suggerito di rivolgere il proprio petto verso l’altra persona, sorridere e cercare il contatto con i suoi occhi, senza tuttavia imporsi. Meglio evitare di tenere le braccia conserte e di avvicinarcisi troppo, così come maneggiare il proprio smartphone mentre le si parla. È inoltre buona norma salutarla usando il suo nome, se la conosciamo, o ripeterlo subito dopo che si è presentata, se durante il primo incontro. Una buona strategia per cominciare a parlarle può essere farlo con un piccolo complimento.
Lo scambio di informazioni ideale dovrebbe essere leggero, con un tono amichevole e un buon equilibrio tra domande e affermazioni, per evitare che l’altra persona pensi di stare subendo un interrogatorio o che al contrario abbia l’impressione di non avere spazio per intervenire. Meglio poi evitare di affrontare subito argomenti troppo personali, come la salute, la religione o le opinioni politiche, privilegiando comunque le domande aperte, quelle che richiedono una risposta più articolata di un semplice “sì” o un “no”.
In un libro che parla di come fare meglio small talk, l’autore statunitense Patrick King osserva che una delle cose più importanti per stabilire un contatto con un’altra persona è trovare un punto di vista o un argomento in comune di cui poter parlare, a partire per esempio da un dettaglio dell’ambiente circostante. Saper ascoltare e fare domande adeguate per fare seguito alle risposte date è poi essenziale per far sentire l’altra persona apprezzata e invogliarla a continuare la conversazione, per scoprire qualcosa in più su di lei. Per farlo, però, è anche necessario essere disposti a rivelare qualcosa in più su noi stessi, spiegano gli esperti.
Se ci piace com’è andata la conversazione, si può salutare l’altra persona proponendole di scambiarsi i contatti o di rivedersi, facendole per esempio sapere che un certo giorno a una certa ora saremo in un certo posto. In ogni caso, è sempre bene congedarsi in un modo garbato, che non la faccia sentire trascurata, con una cosa come: “È stato un piacere vederti, ti farò sapere come è andata con la ricetta che mi hai consigliato”.
C’è invece chi prova ad affrontare le conversazioni spicciole con l’atteggiamento opposto, puntando subito su domande un po’ più dirette o specifiche, per esempio: “Hai suggerimenti su un podcast da ascoltare quando vado al lavoro?” o “Conosci un ristorante nei paraggi dove si mangia bene?”. Con questa specie di effetto sorpresa ogni tanto si riesce a scoprire qualcosa sul proprio interlocutore che non si sarebbe mai scoperto con una conversazione “normale”, spiega il sito The Muse, specializzato in ricerche e offerte di lavoro.
Parlando con Vox, la consulente di comunicazione Rachel Morgan-Trimmer ha notato che le interazioni sociali “inattese” come quelle tipiche dello small talk possono mettere in difficoltà le persone con disabilità o per esempio chi ha disturbi dello spettro autistico, per cui potrebbero essere ulteriori fonti di stress. Anche in questi casi, sostiene Morgan-Trimmer, per rendere queste chiacchiere più inclusive ed efficaci si potrebbe evitare di fare domande aperte, per esempio “Com’è andato il tuo fine settimana?”, e partire da richieste un po’ più specifiche, come: “Hai fatto qualcosa che ti è piaciuto molto nel fine settimana?”. Da lì si può proseguire con altre domande via via più approfondite.
Meredith Marra, professoressa di Linguistica all’università di Wellington, in Nuova Zelanda, studia da anni la funzione di questo tipo di interazioni nella società. Intervistata sempre da Vox, Marra ha detto di ritenere che lo small talk sia molto di più che uno spreco di tempo o un modo per evitare silenzi imbarazzanti: secondo lei sarebbe una specie di «colla sociale», che ha effetti positivi sulla collaborazione tra le persone.
Marra per esempio ha spiegato che anche chi lo critica lo usa moltissimo sul posto di lavoro, e in certi contesti, specialmente maschili, se non c’è prima quello «si ferma tutto». In altre parole, secondo Marra parlare del più e del meno serve a definire la nostra relazione con le altre persone e rafforzare il nostro legame con loro: «se non stabiliamo che siamo sulla stessa lunghezza d’onda, come cavolo facciamo poi a fare tutto il resto?», ha osservato.
Secondo i risultati di un esperimento svolto nel 2014 dallo psicologo Nicholas Epley, ricercatore dell’Università di Chicago, lo small talk farebbe anche più contente le persone. Nell’esperimento Epley e la sua collaboratrice Juliana Schroeder chiesero ad alcuni pendolari di cominciare a parlare con qualcuno che non conoscevano durante il tragitto verso il lavoro, e ad altri di starsene per conto proprio. Le persone che durante il viaggio avevano chiacchierato con qualcuno avevano detto che il loro viaggio era stato più piacevole rispetto alle volte in cui non avevano parlato con nessuno: si erano dette contente di aver conversato con una persona estranea anche le persone che a livello generale avevano detto di starsene più volentieri per conto proprio.
Uno studio pubblicato nel novembre del 2021 ha poi evidenziato quanto la possibilità di interagire con altre persone abbia avuto effetti positivi sulla salute mentale durante il periodo delle restrizioni più rigide per la pandemia da coronavirus.
A proposito della pandemia, Post ha notato che negli ultimi due anni sono cambiati un po’ anche gli argomenti che di solito si affrontano durante le chiacchiere spicciole. Adesso secondo Post molte più persone sono disposte a parlare esplicitamente di questioni di salute o problemi di denaro, temi molto seri che di norma prima sarebbero stati discussi solo con familiari o amici molto stretti. L’ipotesi di Vox è che la pandemia abbia fatto emergere le disuguaglianze sistemiche nelle nostre società, con il risultato che in un certo senso le esperienze negative collegate alle malattie o alle difficoltà economiche adesso sembrano unire le persone, anziché farle sentire isolate.