Blog Rewind – Consigli di serie: Tales of the City (03/08/2019)

Oggi vi consiglio questa serie di Netflix intitolata “Tales of the City”. In realtà a me all’inizio piaceva poco, ma mia moglie mi ha convinto a proseguire: aveva ragione e  quindi ho pensato  di portarla alla vostra attenzione. Si tratta in realtà della quarta stagione di una vecchia serie tv, ma ovviamente si può vedere anche senza conoscere quelle precedenti. E’, in questo caso, la storia di Mary Ann (interpretata da Laura Linney), che  torna a San Francisco e si ricongiunge con la figlia Shawna e l’ex marito Brian vent’anni dopo averli lasciati per seguire la sua carriera televisiva. In fuga dalla crisi di mezza età causata dalla sua immagine perfetta che nel corso degli anni ha creato in Connecticut sarà presto riportata nell’orbita di Anna Madrigal (Interpretata da Olympia Dukakis) e degli atipici abitanti del quartiere Barbary Lane (Wikipedia). La serie è tratta dall’ omonima saga letteraria (uscita in Italia con il titolo I racconti di San Francisco) scritta da Armistead Maupin. La tematica – che spazia dalla discriminazione gay alle problematiche LGBT+ – è molto interessante e attuale, forse in alcune parti , soprattutto iniziali,  leggermente superficiale e con una narrazione un po’ da soap-opera. Ma recupera poi dalla metà della serie in poi e merita sicuramente di essere vista. Dieci episodi per un binge-watching del fine settimana. Enjoy.

Blog Rewind – Video del giorno: Mr. Timorasso (01/08/2019)

Oggi vi propongo un video che ho pescato in rete (grazie all’amico Renato Amisano), che mi ha divertito, emozionato, inorgoglito: insomma tante belle sensazioni. Si tratta del videoclip della canzone intitolata Mr. Timorasso , dedicata quindi a Walter Massa , “vignaiolo” di Monleale, paese vicino a Tortona che ha una frazione, Ville San Rocco,  dove c’è la casa di famiglia di mio padre, in cui ho passato tutte le estati della fanciullezza mia e di mio figlio Stefano. Il video è stato girato proprio in quei luoghi, si vede Monleale Alto e la bellissima campagna di quella zona. Nel filmato si immagina che  un ragazzo si introduca di soppiatto nella cantina di Massa e rubi una bottiglia di Timorasso. Massa se ne accorge e lo rincorre, ma scopriremo che vorrebbe solo dargli… un cavatappi!  Ovviamente conosco Walter Massa da sempre, essendo anche all’incirca della stessa età, quindi vederlo prendere parte come attore della storia mi ha divertito molto. Il brano è scritto e interpretato da Mosto, presentato come “cantautore autoctono come il vino che (de)canta su Youtube, con l’obiettivo di  “raccontare storie di vita e di vite”. Scopro poi che il suo vero nome è Davide Canepa, quindi altra emozione perché si tratta del figlio del mio compagno di Liceo Andrea.  Insomma: una bellissima scoperta e un brano che non ho più smesso di canticchiare! Buona visione e  … buon Timorasso:
E facci un brindisi con la famiglia, vedere il padre bere con la figlia
Facci un brindisi con gli amici, fanne un altro per stare felici
Facci un brindisi con chi ami, vacci a letto e dille che l’ami
Facci un brindisi anche da solo per ricordarti che, che no,
non sei mai solo Cin-cin
Brindiamo alla vita

MOSTO E LA SOBRIA ORCHESTRA TIMORASSO – MR. TIMORASSO

Videomaker: Davide Bonaldo
Registrato, mixato e masterizzato da Andrea Saidu presso Balance Recording Studio
Con la collaborazione di Vigneti Massa e Terre Derthona e la partecipazione speciale di Walter Massa.

Blog Rewind – La lettura di oggi : Vivere in Italia senza cittadinanza (04/10/2019)

Un illuminante (per chi ne avesse bisogno) articolo del quotidiano on-line “Open“, pubblicato il 3 ottobre scorso

Io, giornalista di Open, vivo in Italia senza cittadinanza. Ecco perché non è lo stesso

di Olga Bibus

Mi ricordo quella volta che a 16 anni dovevo partire per un gemellaggio in Olanda con i miei compagni di scuola. Tutto pronto, valigia in mano, stavo per salire sull’aereo quando sono stata bloccata all’ingresso. L’hostess mi ha fermata: «Scusi, ma con il permesso di soggiorno non può partire». Tutti si sono girati a guardarmi.
Come se fossi una trafficante di droga, mi hanno portata in uno stanzino con la professoressa che doveva accompagnarci nel viaggio. Erano stati allertati gli agenti della polizia di frontiera e, per farmi partire, la direttrice dell’aeroporto ha dovuto firmare un’autorizzazione. L’ha fatto perché ha avuto buon senso e ha capito la situazione.
Ora, ho 29 anni, e ci farei una risata. Allora mi ricordo la vergogna, la confusione, e nella mente continuavo a ripetere: «Vi prego, fatemi andare con i miei amici».
Mi ricordo anche quando tre anni fa ho fatto il concorso per entrare nella scuola di giornalismo. Sapevo che era troppo costosa, tentai lo stesso il test. Arrivai prima in graduatoria. Decisi allora di provare a chiedere un prestito in banca, uno di quelli ad honorem per gli studenti che si laureano con il massimo dei voti.
Ricordo la persona che visionò la mia pratica, mi guardò e disse: «I requisiti ci sono, ma non hai la cittadinanza, non possiamo concederti un prestito». Mi arrabbiai tantissimo, scrissi al direttore di banca. Il prestito mi fu concesso. Di nuovo grazie al buon senso di una persona.
L’elenco è lungo, include tanti «mi ricordo»: da quella volta che sono stata esclusa dal progetto Erasmus, e ho dovuto lottare contro la burocrazia per poter partire, a quella in cui ho rischiato di perdere il mio primo lavoro perché l’Ordine dei giornalisti si rifiutava di riconoscermi il praticantato.
Per sbloccare la situazione sono intervenuti i direttori della mia scuola e il presidente dell’ordine delle Marche dove sono iscritta. È così la vita degli italiani senza cittadinanza, legata al buon senso delle persone. Speri sempre di incontrare qualcuno che capisca la situazione, che chiuda un occhio, che guardi oltre la burocrazia.

CHI SONO
Mi chiamo Olga, sono nata 29 anni fa vicino a Odessa, al confine con Russia e Ucraina. Sono venuta in Italia con mia mamma a 7 anni. Quando è caduta l’Urss, lei ha perso il suo lavoro da insegnante ed è dovuta partire, portandomi con sé.
Oggi alla Camera riprende l’esame della legge sullo ius culturae che dovrebbe semplificare l’iter per l’ottenimento della cittadinanza italiana ai ragazzi come me. E mentre nei palazzi si parla di politica, di quanto approvare una norma simile sia “troppo di sinistra” quindi “impopolare”, di come «la cittadinanza non possa essere regalata», la mia domanda per ottenerla, da quattro anni, è chiusa in qualche cassetto del Viminale.
Sul sito del ministero dell’Interno, da mesi, se cerco il numero della mia pratica compare scritto: «Sono in corso verifiche istruttorie». Inutile mandare mail, sollecitare e chiedere chiarimenti. Intanto tra poco scadrà il bando per il concorso in Rai, e io devo ringraziare di avere un lavoro, perché se non lo avessi non potrei nemmeno accedere alla competizione: il mio permesso di soggiorno è in via di rinnovo.
Nel 2017, quando la legge sullo ius soli si arenò in Senato, non lavoravo ancora come giornalista, leggevo però i giornali e mi arrabbiavo perché passava l’idea che la cittadinanza fosse un “semplice foglio di carta”, che in fondo ci si poteva sentire italiani anche senza. Mi arrabbiavo perché non avere la cittadinanza per chi come me ha studiato, vissuto e lavora in Italia porta con sé una serie di ingiustizie e ostacoli pratici con cui ci si scontra quasi quotidianamente.
Mi ero promessa allora che se un giorno fossi diventata giornalista, nel mio piccolo, avrei cercato di portare il focus sul vero problema. Un problema pratico, reale, che tocca la vita di migliaia di ragazzi come me. Un problema di quelli in cui il colore politico dovrebbe entrare molto poco.

Nel 2020 vogliamo sanare problemi come questi?

Blog Rewind – Perché non li prendi a casa tua? (15/05/2019)

Perché non li prendi a casa tua, questi profughi?

La domanda è diventata un riflesso condizionato di alcuni, quando si parla di lavorare per accogliere civilmente gli immigrati: è una domanda retorica, serve a chi la fa per deviare da sé la consapevolezza di essere quelli che se ne fregano, serve come equivalente dell’uso del termine “buonismo, serve per darsi di gomito e pensare di avere detto una cosa furbissima, serve a cambiare discorso quando qualcuno fa delle proposte o delle analisi sulla questione dell’immigrazione, serve come quando litigando da bambini si dice “specchio riflesso” o “chi lo dice lo dice per sé”: è la battuta della disperazione.

Perché non li prendi a casa tua, questi profughi?

Di solito non si risponde. Per fastidio nei confronti della sciocchezza aggressiva di chi fa la domanda, per rispetto di se stessi, per imbarazzo verso qualcuno che presume con ignoranza e spocchia che tu non abbia mai accolto a casa tua immigrati o profughi, per senso di avere cose più serie di cui occuparsi, perché chi ha fatto la domanda di solito neanche la vuole, una risposta: vuole solo sentirsi molto furbo e guardarsi intorno fiero con l’aria di “hai visto che j’ho detto?”. È in malafede, vuole solo mentire a se stesso trovando un modo di assolversi dalla propria indifferenza o egoismo: è inutile rispondere a chi è in malafede.
Di solito non si risponde, saggiamente.

Perché non li prendi a casa tua, questi profughi?

Ma ieri un ragazzo molto giovane che aveva sentito fare questa domanda mi ha chiesto, sinceramente, “come si risponde, a questa domanda? Io lo vedo che è una domanda cretina: ma come si risponde?”

Perché non li prendi a casa tua, questi profughi?

Non li prendo a casa mia perché sarei un incosciente presuntuoso a pensare che il problema di ciascuna di queste persone lo possa risolvere io in casa mia. Non li prendo a casa mia perché per queste persone serve altro e meglio di quello che so fare io, servono pratiche e organizzazioni che sappiano affrontare le necessità di salute, prosecuzione del viaggio, integrazione, lavoro, ricerca di soluzioni. Non li prendo a casa mia perché voglio fare cose più efficaci, voglio pagare le tasse e che le mie tasse siano usate per permettere che queste cose siano fatte bene e professionalmente dal mio Stato, e voglio anche aiutare e finanziare personalmente le strutture e associazioni che lo fanno e lo sanno fare. Non li prendo a casa mia perché quando c’è stato un terremoto e le persone sono rimaste senza casa non ho pensato che la soluzione fosse prenderle a casa mia, ma ho preteso che lo Stato con i miei soldi creasse centri di accoglienza e strutture adeguate, le proteggesse e curasse e aiutasse a ricostruire loro una casa. Non li prendo a casa mia perché se incontro una persona ferita o malata, chiamo un’ambulanza, non la porto a casa mia.
Non li prendo a casa mia perché i problemi richiedono soluzioni adeguate ai problemi, non battute polemiche, code di paglia e sorrisetti autocompiaciuti: non stiamo litigando tra bambini a scuola, stiamo parlando di problemi grossi e seri, da persone adulte.
E tra l’altro, possono rispondere in molti, qualche volta li prendo a casa mia.
Risposto. Passiamo a domande migliori, va’.

Non voglio assolutamente appropriarmi di questo articolo. Non è mio. Ma trovo che sia perfetto per rispondere a questo tipo di domande così stupide.  E’ del giornale online Il Post e risale a qualche tempo fa. Purtroppo questa domanda si sente fare spesso ancora adesso. Viene fatta anche al Papa “colpevole” di  essere dalla parte dei Rom (forse qualcuno avrebbe voluto che Papa Francesco li apostrofasse come hanno fatto quelli di Casa Pound). Mentre lascio andare a Messa queste persone, spero di non dover mai più rispondere a questa domanda.

Nel 2020 possiamo fare domande più intelligenti? Grazie

Blog Rewind – La lettura di oggi: Lezioni da tener presenti (09/09/2019)

Racconti di origine sconosciuta ma… simpatici direi.

Lezione n° 1

Un uomo va sotto la doccia subito dopo la moglie e nello stesso istante suonano al campanello di casa. La donna avvolge un asciugamano attorno al corpo, scende le scale e correndo va ad aprire la porta: è Giovanni, il vicino. Prima che lei possa dire qualcosa lui le dice: “ti do 800 Euro subito in contanti se fai cadere l’asciugamano!”

Riflette e in un attimo l’asciugamano cade per terra… Lui la guarda a fondo e le da la somma pattuita. Lei, un po’ sconvolta, ma felice per la piccola fortuna guadagnata in un attimo risale in bagno. Il marito, ancora sotto la doccia le chiede chi fosse alla porta. Lei risponde: “era Giovanni”. Il marito: “perfetto, ti ha restituito gli 800 euro che gli avevo prestato?”

Morale n° 1:

Se lavorate in team, condividete sempre le informazioni!

 

Lezione n° 2

Al volante della sua macchina, un attempato sacerdote sta riaccompagnando una giovane monaca al convento.

Il sacerdote non riesce a togliere lo sguardo dalle sue gambe accavallate.

All’improvviso poggia la mano sulla coscia sinistra della monaca. Lei lo guarda e gli dice: “Padre, si ricorda il salmo 129?” Il prete ritira subito la mano e si perde in mille scuse. Poco dopo, approfittando di un cambio di marcia, lascia che la sua mano sfiori la coscia della religiosa che imperterrita ripete: “Padre, si ricorda il salmo 129?” Mortificato, ritira la mano, balbettando una scusa. Arrivati al convento, la monaca scende senza dire una parola. Il prete, preso dal rimorso dell’insano gesto si precipita sulla Bibbia alla ricerca del salmo 129.

“Salmo 129: andate avanti, sempre più in alto, troverete la gloria…”

Morale n° 2:

Al lavoro, siate sempre ben informati!

 

Lezione n° 3

Un rappresentante, un impiegato e un direttore del personale escono dall’ufficio a mezzogiorno e vanno verso un ristorantino quando sopra una panca trovano una vecchia lampada ad olio. La strofinano e appare il genio della lampada.

“Generalmente esaudisco tre desideri, ma poiché siete tre, ne avrete uno ciascuno”. L’impiegato spinge gli altri e grida: “tocca a me, a me….Voglio stare su una spiaggia incontaminata delle Bahamas, sempre in vacanza, senza nessun pensiero che potrebbe disturbare la mia quiete”. Detto questo svanisce. Il rappresentante grida: “a me, a me, tocca a me!!!! Voglio gustarmi un cocktail su una spiaggia di Tahiti con la donna dei miei sogni!” E svanisce. Tocca a te, dice il genio, guardando il Direttore del personale.

“Voglio che dopo pranzo quei due tornino al lavoro!”

Morale n° 3:

Lasciate sempre che sia il capo a parlare per primo!

 

Lezione n° 4

In classe la maestra si rivolge a Gianni e gli chiede: ‘Ci sono cinque uccelli appollaiati su un ramo. Se spari a uno degli uccelli, quanti ne rimangono?’

Gianni risponde: “Nessuno, perché con il rumore dello sparo voleranno via tutti”.

La maestra: “Beh, la risposta giusta era quattro, ma mi piace come ragioni”.

Allora Gianni dice “Posso farle io una domanda adesso?”

La maestra: Va bene.

“Ci sono tre donne sedute su una panchina che mangiano il gelato. Una lo lecca delicatamente ai lati, la seconda lo ingoia tutto fino al cono, mentre la terza dà piccoli morsi in cima al gelato. Quale delle tre è sposata?” L’insegnante arrossisce e risponde: “Suppongo la seconda… quella che ingoia il gelato fino al cono”.

Gianni: “Beh, la risposta corretta era quella che porta la fede, ma… mi piace come ragiona”!!!

Morale n° 4: Lasciate che prevalga sempre la ragione.

Lezione n° 5

Un giorno, un non vedente era seduto sul gradino di un marciapiede con un

cappello ai suoi piedi e un pezzo di cartone con su scritto: “Sono cieco, aiutatemi per favore”. Un pubblicitario che passava di lì si fermò e notò che vi erano solo alcuni centesimi nel cappello. Si chinò e versò della moneta, poi, senza chiedere il permesso al cieco, prese il cartone, lo girò e vi scrisse sopra un’altra frase.

Al pomeriggio, il pubblicitario ripassò dal cieco e notò che il suo cappello era pieno di monete e di banconote.

Il non vedente riconobbe il passo dell’uomo e gli domandò se era stato lui che aveva scritto sul suo pezzo di cartone e soprattutto che cosa vi avesse annotato.

Il pubblicitario rispose: “Nulla che non sia vero, ho solamente riscritto la tua frase in un altro modo”.

Sorrise e se ne andò.

Il non vedente non seppe mai che sul suo pezzo di cartone vi era scritto:

“Oggi è primavera e io non posso vederla”.

Morale n° 5: Cambia la tua strategia quando le cose non vanno molto bene e vedrai che poi andrà meglio.

 

Se un giorno ti verrà rimproverato che il tuo lavoro non è stato fatto con professionalità, rispondi che l’Arca di Noè è stata costruita da dilettanti e il Titanic da professionisti….

Per scoprire il valore di un anno, chiedilo ad uno studente che è stato bocciato all’esame finale.

Per scoprire il valore di un mese, chiedilo ad una madre che ha messo al mondo un bambino troppo presto.

Per scoprire il valore di una settimana, chiedilo all’editore di una rivista settimanale.

Per scoprire il valore di un’ora, chiedilo agli innamorati che stanno aspettando di vedersi.

Per scoprire il valore di un minuto, chiedilo a qualcuno che ha appena perso il treno, il bus o l’aereo.

Per scoprire il valore di un secondo, chiedilo a qualcuno che è sopravvissuto a un incidente.

Per scoprire il valore di un millisecondo, chiedilo ad un atleta che alle Olimpiadi ha vinto la medaglia d’argento.

Il tempo non aspetta nessuno. Raccogli ogni momento che ti rimane, perché ha un grande valore. Condividilo con una persona speciale, e diventerà ancora più importante.

Blog Rewind – Consiglio per un film (stavolta): “One Cut of the Dead” (15/06/2019)

Stavolta ho deciso di consigliarvi un film che ho avuto occasione di vedere e che ho poi rivisto con mia moglie. Un film che ho trovato geniale e che, in Italia, è stato nei cinema solo 3 giorni.  In tutto il mondo è diventato un cult. Costato solo 27.000 dollari, sta facendo incassare davvero moltissimo. Cercatelo e vedrete che ne sarete conquistati pure voi. Si tratta di un film giapponese del 2007, conosciuto con il titolo internazionale “One Cut Of The Dead”, diretto da Shin’ichirō Ueda. In realtà non posso illustrarvelo molto, perché il punto di forza di questo film è proprio la sorpresa, lo spiazzare lo spettatore. Un macchina perfetta dove nulla è a caso. Se riuscite a trovarle il film, ovviamente sottotitolato in italiano a meno che non conosciate perfettamente il giapponese, promettetemi di vedere i primi 27 minuti senza pensare che io sia impazzito e di proseguire poi nella visione del film. Vi dico questo perché il film parla di zombie, tanto che il titolo italiano sarebbe “Zombie contro zombie”. La trama, come spiga Wikipedia, è questa: In un deposito abbandonato si sta girando un film horror con gli zombie come protagonisti. Improvvisamente il set viene attaccato da veri zombie: attori e maestranze devono difendersi mentre il regista, ignaro, continua imperterrito le riprese. Ma non finisce qui, ovviamente …
Poi ditemi cosa ne pensate!

Blog Rewind : Consigli di serie: L’Alienista (30/06/2018)


Una serie davvero particolare, avvincente ma non adatta ai minori: tenetelo presente da subito. Si tratta de “L’Alienista”, serie televisiva americana basata sul romanzo di Caleb Carr dallo stesso titolo. Solo una stagione disponibile, 10 episodi, e quindi adatta per un binge-watching estivo. Ambientata nel 1896 a New York, vede Lo psicologo Laszlo Kreizler (all’epoca definito “alienista”, essere ingaggiato dal commissario di polizia Theodore Roosevel (futuro Presidente degli Stati Uniti) per catturare un killer di ragazzi senzatetto entrati nel giro della prostituzione e vestiti come ragazzine.  Un cast davvero convincente in cui spiccano Daniel Brühl (l’Alienista), Luke Evans (disegnatore, e conosciuto dal pubblico per il ruolo di Gaston in “La Bella e La Bestia) e Dakota Fanning (segretaria della polizia con ambizioni da detective). Punto di forza di questa serie, visibile su Netflix, è l’ambientazione curatissima e suggestiva. Essendo comunque un thriller che, per fortuna, si conclude al decimo episodio (ma si parla comunque già di una seconda stagione) non vi anticipo altro, ma se volete saperne di più guardate il video qui sotto.

Blog Rewind : I Baci Dorati di Tortona (23/04/2018)

Ho visto che i post che parlano di cibo sono sempre molto letti. Siamo un popolo di golosi, evidentemente 😊. Vi ho parlato del Pane Grosso di Tortona, ma l’altra specialità gastronomica per cui la mia cittadina è conosciuta è senza dubbio quella dei Baci Dorati, prodotto che si può trovare solo nella mia cittadina. Si tratta di una rivisitazione dei classici Baci di Dama, che si trovano comunque ottimi nelle varie pasticcerie del centro. I Baci Dorati, invece, sono prodotti solo dalla Pasticceria Vercesi, che ha sede nei Portici vicini alla Piazza del Duomo, e che fu aperta nel 1898. Nei primi anni del 900 il cavalier Stefano Vercesi brevettò questa variante ai Baci di Dama, dove aveva sostituito le nocciole con le mandorle ed aggiunto cacao nell’impasto. Furono così presentati alla Fiera Internazionale di Milano nel 1906, vincendo il massimo premio di pasticceria dell’epoca. Che dire: una vera meraviglia per il palato. A Tortona tutti li conoscono, ma ormai sono famosi un po’ ovunque e chi capita in città non riparte senza averli acquistati.  Ho fatto una ricerca nello scrivere questo post e ho visto che ora c’è anche un sito che li vende online. Enjoy, direbbero gli americani!