Io, come chi mi conosce sa, non seguo il calcio, a parte – per folclore – i Mondiali (e quest’anno mi risparmio pure quelli). Ma sulla famosa partita della Juventus persa per rigore a tempo scaduto ovviamente so tutto pure io. Per giorni non si è parlato d’altro. I social erano pieni di battute di spirito (da parte di non juventini ovviamente), alcune anche molto divertenti. È un po’ il gioco delle parti secondo me, che dopo qualche tempo bisogna anche saper smettere. E invece ancora l’altra sera, leggo sui giornali, il comico Maurizio Crozza ha pensato bene di riprendere l’argomento, ormai già sviscerato da ogni angolo sul web, cercando ancora di far ridere. La cosa ha provocato la reazione del giocatore della Juventus che ha causato il rigore che, sempre via social, ha risposto in modo poco elegante a Crozza. Intanto l’arbitro della partita deve girare con la scorta perché minacciato dai tifosi. Non sarebbe il caso a questo punto di smetterla? Credo che Crozza poteva davvero evitare di parlarne. Anche perché non ha aggiunto nulla, ha ripetuto (come fa spesso) battute già sentite sui social ed ha utilizzato un linguaggio davvero poco elegante. Io – l’ho sempre “professato” – non sono tra gli ammiratori dell’attore genovese, ma invece davvero vi ha fatto ridere l’altra sera? (il video è qui sotto)
Google sa tutto di noi
Una carriera lanciatissima per Quinn Norton (foto sopra). Una serie di articoli su Wired focalizzati sulla tecnologia e infine l’assunzione al New York Times. Cosa può esserci di più bello per una giornalista? Ma la tecnologia le ha anche giocato un brutto tiro. I post lasciati sui social network restano, non si cancellano neppure dopo tanto tempo, neppure dopo anni. Dopo meno di 24 ore da quando il quotidiano ha annunciato l’assunzione di questa nuova firma, è stata la stessa giornalista a scrivere su Twitter di aver dato le dimissioni o, meglio, come poi si è scoperto, di esser stata costretta a presentarle. Dopo l’annuncio, infatti, sono tornati a galla alcuni tweet a carattere omofobo ed altri pieni di insulti razzisti, a firma appunto della Norton. Per un po’ la giornalista ha tentato di difendersi, ma poi di fronte all’evidenza ha dovuto arrendersi. E il New York Times ha scritto Nonostante il controllo sul precedente lavoro di Quinn Norton e i colloqui con i suoi precedenti datori di lavoro, queste informazioni ci erano nuove. Per questo, abbiamo deciso di prendere strade diverse.
Credo che convenga a tutti evitare di scrivere sui social frasi di cui poi ci si potrebbe pentire, solo per il gusto di essere falsamente trasgressivi, mentre spesso si è solo stupidi. E’ un atteggiamento che purtroppo vedo spesso anche tra i miei contatti social ed anche se non è caratteristica solo dei più giovani (lo rilevo purtroppo anche in chi dovrebbe essere più saggio se non altro per età), sicuramente sono proprio i giovani che potrebbero avere nel mondo del lavoro conseguenze spiacevoli come quella descritta prima. Quindi meglio pensarci bene prima di lasciare in giro segni della nostra stupidità. E poi ricordiamocelo: Google sa tutto di noi, come ci dimostra questo famoso video “virale”:
Meno odio sul web? E nella vita?
Pare che, dopo l’appello dell’Europa di qualche tempo fa, i social come Facebook, Youtube, Twitter, Instagram e G+, abbiano provveduto a monitorare maggiormente i post degli utenti e che provvedano a cancellare il 70% in più, rispetto agli scorsi anni, i messaggi che incitano all’odio o che comunque si configurano come violenti e razzisti. Forse. Io però, che queste piattaforme frequento molto anche per lavoro, noto sì meno post definibili di odio, in partenza. Ma se poi si leggono i commenti che ne seguono c’è sempre da rabbrividire per l’ignoranza, il qualunquismo, l’odio e la violenza verbale che emanano. E non solo su pagine che trattano di politica o di sport: ormai anche su gruppi che dovrebbero solo discutere di hobby o passioni che accomunano – o dovrebbero accomunare – gli iscritti. Ma quello che maggiormente mi fa riflettere è che da qualche tempo questa rabbia la sento anche nella vita di tutti i giorni, nei rapporti tra le persone. Mi è capitato di assistere a litigi in luoghi pubblici dove i protagonisti hanno utilizzato un linguaggio che fino a pochi anni fa non era assolutamente pensabile tra persone civili. Il mio timore è quindi che questa estrema libertà di espressione che, chissà perché, è diventata “normale” sul web, si stia anche trasferendo nei, sempre più rari, rapporti umani reali. C’è un’intolleranza ed un egoismo palese che un tempo magari esisteva ugualmente ma che, almeno, ci si vergognava ad esporre. Insomma: ci si manda tranquillamente affanculo in mezzo alla strada, al bar, al ristorante, sull’autobus, da un’automobile all’altra, in riunione, in ufficio… A me non è ancora capitato di trascendere fino a questi punti, per fortuna. E neppure di subire certi attacchi verbali. In questo caso non so come potrei reagire ma spero comunque di conservare il mio aplomb senza scendere quindi al livello del mio interlocutore. Tornando ai commenti sul web, quelli su questo blog sono moderati, quindi ovviamente non saranno mai pubblicati quelli di eventuali haters…